I 10 anni dello Startup Act

18 ottobre 2022

Editoriale di Corrado Passera

CEO illimity

Oggi celebro i dieci anni dello #StartupAct insieme alle quasi 15mila imprese innovative iscritte al registro.

Dieci anni fa, l’#Italia non aveva una normativa friendly nei confronti delle startup e decisi di incaricare dodici pionieri dell’innovazione coordinati da Fusacchia, per studiare tutte le best practice al mondo nel settore e capire cosa fare per accelerare.

Le parole d’ordine erano state capire e semplificare.

Perché le #startup non sono aziende come tutte le altre, hanno bisogno di strumenti e normative ad hoc. E solo conoscendo a fondo questo mondo, è possibile comprenderlo. Così, seguendo l’esempio dei Paesi più avanzati, riformammo la legislazione sul lavoro, il diritto civile per la costituzione di nuove aziende, gli incentivi, il diritto fallimentare – forse il campo più ostico - e la modalità di raccolta di equity e di credito attraverso il crowdfunding.
Con il contributo di tutti mettemmo insieme la proposta di legge che teneva conto delle migliori esperienze internazionali e che avrebbe potuto rispondere alle specifiche esigenze del grande mondo dell’#innovazione e in Parlamento il progetto venne approvato a larga maggioranza. Il bello è stato il confronto con tutte le parti in causa e la voglia di cercare il meglio che c'era al mondo: è stato un lavoro corale che ha funzionato.

Fu un successo. Ma i successi – nostri e degli altri – vanno sempre riconosciuti, apprezzati e valorizzati, per poi riuscire a fare ancora meglio. Per questo, le misure per sostenere l’ecosistema dell’innovazione in Italia sono tutt’altro che terminate. I 600 miliardi di esportazioni dimostrano che il terreno è fertile.

Dobbiamo continuare a semplificare le procedure negli investimenti e a ridurre la burocrazia creando, per esempio, un percorso semplificato per gli startupper e nuovi requisiti per consentire loro di partecipare ai bandi pubblici.

C'è da fare il grande balzo in avanti con iniziative pubbliche per far crescere velocemente anche i migliori venture capitalist, seguendo l’esempio di Germania, Francia e Spagna. Non aiuti a pioggia, ma una organizzazione strategica che possa rappresentare il “booster” dell’innovazione italiana. Una quota del risparmio previdenziale deve essere destinato al #VentureCapital.

Dobbiamo promuovere la cultura del rischio e d’accettazione del fallimento, senza timore o soggezione. Ai giovani, nelle scuole, dovremmo dire che provare si può. Che il lavoro non va solo cercato, ma anche creato. E che è possibile sbagliare, è normale fallire, ma anche dagli errori si impara. Dovremmo essere ambasciatori della cultura del “si può”, portando avanti esempi positivi, accompagnando sempre la teoria alla pratica, unendo realmente le generazioni.
Inoltre, non vergogniamoci di guardare chi è più bravo di noi. Se qualcuno, dal punto di vista normativo e organizzativo, ha già trovato la migliore soluzione possibile, facciamola nostra. Copiamola e andiamo avanti, valorizzando i campi in cui noi, come Italia, siamo eccellenti. Nel mondo globalizzato si vince con eccellenza e unicità e l’Italia ne può schierare moltissime. Ricordiamoci che il confronto resta sempre la chiave più importante per la crescita.

Oggi, come dieci anni fa, non abbiamo nessun limite da porci se non continuare a costruire fiducia nel futuro.