L’Europa vive di globalizzazione e il benessere dei Paesi europei continuerà a dipendere fortemente dal commercio internazionale.
La globalizzazione dei prossimi anni non verrà meno, ma prenderà forme diverse da quella che abbiamo vissuto negli ultimi decenni. La globalizzazione evolverà perché il mondo sarà sempre più marcatamente multipolare e perché la concorrenza – e in parte la contrapposizione o addirittura il conflitto – tra le grandi potenze saranno sempre più accesi.
I Paesi europei devono scegliere se dare vita – insieme – ad una delle grandi potenze globali oppure subire le nuove dinamiche di potere che si stanno creando. Nessun singolo Paese europeo sarà in grado di garantire il proprio benessere e la propria sovranità se agisce solo individualmente.
Mantenere l’Unione Europea nello stato attuale significherebbe essere oggetto di decisioni e politiche prese altrove e perdere progressivamente la nostra indipendenza e il benessere costruito nel tempo.
La UE per costruirsi il futuro deve agire in maniera decisa su 4 obiettivi principali:
1. Aumentare significativamente la sua produttività e competitività accelerando le transizioni energetiche e tecnologiche: il confronto tra la crescita della produttività negli Stati Uniti e nella UE è impietoso.
2. Ridurre drasticamente la dipendenza nei settori strategici da altre potenze mondiali: vale per gas e petrolio, ma vale ad esempio per microchip e terre rare.
3. Acquisire una molto maggiore autonomia militare comune all’interno di una NATO rinnovata e rinvigorita, preparandosi anche a un parziale disimpegno degli Stati Uniti.
4. Dar vita a numerosi campioni europei di caratura globale: Airbus è solo un esempio di come potremmo collocarci, mentre siamo di fatto usciti dalle classifiche dei settori più strategici.
La UE, per perseguire obiettivi ambiziosi come quelli appena indicati, ha bisogno di decisioni e politiche molto coraggiose:
• Dobbiamo rendere il mercato europeo veramente unico, in questo modo saremmo uno dei più grandi e innovativi mercati mondiali mentre oggi siamo una somma di piccoli mercati frammentati - energia, telecomunicazioni e finanza sono solo esempi.
• Dobbiamo rendere il processo decisionale degli organismi UE molto più efficace ed efficiente, lasciandoci indietro unanimismi paralizzanti e aprendoci a geometrie variabili in vari ambiti come già abbiamo dimostrato con l’Euro.
• Dobbiamo aggiungere uno strato strutturale di investimenti federali. Investimenti, cioè, identificati, gestiti e finanziati a livello comunitario. I bilanci pubblici dei singoli Stati sono esausti, oggi il bilancio comunitario sposta solo risorse esistenti da un Paese all’altro, da un utilizzo all’altro, mentre servono parecchi trilioni di ulteriori risorse da dedicare a ricerca comune, infrastrutture comuni, progetti di sviluppo comuni in Europa e fuori. Gli Eurobond sono uno strumento reale che può sbloccare una Europa bloccata se chiariamo rigorosamente finalità e meccanismi di governance. In pochi negli ultimi anni richiamiamo l’attenzione su questo tema.
Ma forse non basterebbe nemmeno tutto questo se nel frattempo non avremo costruito una alleanza tra le democrazie – e prima di tutto tra Stati Uniti ed Europa – ancora più solida dell’attuale.
Ma l'Europa può ancora essere una potenza globale con US e Cina?
A mio avviso non vanno sottovalutati i ruoli che nei prossimi anni potranno assumere l’India o alcuni Paesi Arabi. La stessa Russia, a seconda dell’esito della guerra in Ucraina, potrà rimanere un player determinante negli equilibri mondiali, e certamente non amica né dell’Europa né degli Stati Uniti.
Credo che l’Europa, se maggiormente unita e se capace di procedere nelle direzioni indicate sopra, può essere davvero una potenza globale:
• con una forza economica paragonabile a US e Cina,
• con forza militare coordinata tra i vari Paesi ben superiore all’attuale e con un ruolo maggiore all’interno della NATO,
• con un soft power potenzialmente superiore a quella di altre grandi potenze per la maggiore sostenibilità del suo modello economico e sociale.
Ma il punto fondamentale è che tutte queste cose non basterebbero per guadagnarci il futuro se, al contempo, nei prossimi anni non saremo stati in grado di consolidare una alleanza ancora più stretta tra le democrazie. Alleanza contro nessuno, ma in grado di interloquire con forza nei confronti di qualsiasi interlocutore mondiale. US e Europa più alleate di oggi, sia economicamente che militarmente, potrebbero dare un contributo formidabile ad aumentare il benessere del mondo intero rendendolo anche più sicuro.
Ma c’è la volontà politica di muoversi in questa direzione in Europa? C’è una vera spinta popolare?
Secondo me la politica europea oggi non se la sente di pensare in grande per ragioni ideologiche o per debolezza sua propria o, semplicemente, perché la politica è rimasta nazionale. La politica dei singoli Stati e la tecnocrazia europea considerano ancora velleitario ciò che invece è indispensabile per evitare guai economici, sociali ed elettorali del tutto esiziali. Sembrano non rendersi conto che senza un grande passo avanti, il nostro destino è segnato.
Fortunatamente la storia è creativa: spinti da nuove crisi o tirati da nuove leadership potremmo recuperare nei prossimi anni i ritardi e gli errori che abbiamo accumulato. Il tempo gioca contro di noi e stiamo sottovalutando le minacce contingenti che possono venirci dalla crescente forza relativa di altre potenze, dalle due guerre in corso e da alcune nostre debolezze difficilmente correggibili legate alla nostra demografia.
La spinta a muoversi decisamente verso una Europa sostenibile e sovrana e verso una alleanza più forte ed equilibrata tra Stati Uniti ed Europa non verrà dalla sola politica. È compito della classe dirigente – imprenditoriale prima di tutto, ma non solo – mostrare il cammino e dare l’esempio. Il progetto di futuro di cui stiamo parlando è possibile solo con una collaborazione stretta tra pubblico e privato.
Le scelte che verranno fatte, in Europa e negli Stati Uniti, nei prossimi anni da parte di governi e imprese impatteranno fortemente il nostro sistema sociale e il futuro delle nuove generazioni.