CEO illimity
Ci chiediamo spesso, da imprenditori e imprenditrici, da persone d’azienda, in quale mondo faremo il nostro lavoro nei prossimi anni.
Stiamo certamente vivendo in un mondo che offre continuamente nuove opportunità, inimmaginabili fino a pochi anni fa. Un mondo aperto, libero e senza limiti. Un mondo dove l’Italia ha costruito indubbie forze: lo provano concretamente gli oltre 600 miliardi di esportazioni che il nostro Paese ogni anno riesce a realizzare.
Il presente e il futuro prossimo sono però sempre più condizionati da una caratteristica inedita ed estremamente rischiosa di cui dobbiamo tener conto in tutte le nostre previsioni così come nelle decisioni che prenderemo.
Mi riferisco a ciò che potremmo definire “rischio delle incertezze cumulate”.
Viviamo, infatti, più o meno consciamente, in mezzo a un cumulo di incertezze che si alimentano a vicenda.
L’effetto si comincia appena ad avvertire, ma è chiaramente presente e dobbiamo sapere che lavora nel profondo delle psicologie individuali e sociali.
Non credo ci siano mai state nella storia così tante incertezze, sinergicamente distopiche, come quelle nelle quali siamo immersi oggi. Sinergicamente distopiche perché l‘effetto combinato di queste incertezze, se non prevenuto, potrebbe essere molto negativo, dentro e fuori le aziende.
Non saprei mettere queste tante incertezze in ordine di rilevanza. Certamente tutte – e la lista non è completa – stanno logorando nel profondo il tessuto sia economico che sociale del nostro mondo:
- Incertezza sullo sviluppo - la crescita economica e il benessere accumulato negli ultimi decenni potranno essere mantenuti oppure la stagnazione, o peggio, è inevitabile e il futuro non potrà che essere peggiore del presente?
- Incertezza sulle conquiste sociali - il sistema di protezione sociale che abbiamo costruito – pensioni, sanità, assistenza – sarà sostenibile anche in futuro o l’attuale livello di denatalità e di invecchiamento della popolazione lo metterà a rischio?
- Incertezze sul lavoro - nel futuro ci sarà lavoro per tutti? Ci saranno abbastanza lavori nuovi per sostituire quelli che scompariranno e che verranno sostituiti da un software? Le modalità di istruzione e formazione attuale possono garantirci la possibilità di cogliere nuove future opportunità?
- Incertezza sulla salute - avevamo relegato le epidemie mortali negli annali della storia, mentre ci siamo scoperti vulnerabili e impreparati.
- Incertezza sulla pace - le guerre mondiali erano quasi uscite dal nostro vocabolario quando ce ne siamo trovata una proprio dietro casa.
- Incertezza su clima - il nostro pianeta è a rischio per una transizione energetica che stenta a succedere e spesso pensiamo che disastri epocali siano inevitabili.
- Incertezza sul debito - abbiamo accumulato un enorme debito che sarà difficile da gestire, se non con intense conseguenze.
- Incertezza sulle nuove tecnologie - le controlleremo o ne saremo controllati? La digitalizzazione è appena cominciata ma siamo in grado di valutarne gli impatti diretti e indiretti nel lungo periodo?
- Incertezza sul futuro dei regimi democratici che devono confrontarsi con regimi non democratici che dispongono di grandi forze e che spesso sono molto aggressivi: si riuscirà a realizzare e mantenere forme di capitalismo responsabile compatibili con democrazie liberali come la nostra?
A questa lista si potrebbero aggiungere altri temi caldi come inflazione, terre rare, deglobalizzazione, immigrazione e molti altri.
Il messaggio di fondo è che oggi ci troviamo ad affrontare non solo 9 o 10 singole incertezze, ma una situazione di incertezza complessiva elevata alla nona o alla decima potenza. Ognuna di queste, infatti, può scatenarne una o più delle altre, con effetti a catena potenzialmente incontrollabili.
Da imprenditori, non dobbiamo nasconderci di fronte al problema.
Per ricostruire fiducia ed evitare involuzioni pericolose, serviranno tre cose indispensabili:
- drastica innovazione in tutti i campi,
- gestione efficace del cambiamento per mettere a terra nel modo migliore le innovazioni necessarie,
- una classe dirigente all’altezza del compito di disegnare l’innovazione necessaria e realizzare i cambiamenti conseguenti.
L’unica certezza sul futuro è che sarà necessaria tantissima innovazione in tutti i campi perché i problemi, in buona parte inediti, come quelli che abbiamo davanti a noi, necessitano di soluzioni altrettanto inedite: dalla scuola al welfare, dalla sanità alla giustizia. Ma questi sono solo esempi. Scienza e tecnologia ci offrono strumenti formidabili, ma la sensibilità tecnologica deve essere affiancata a quella umanistica e dobbiamo porre grande attenzione alla sostenibilità complessiva del nostro Paese.
Il ruolo degli imprenditori nel promuovere l’innovazione sarà cruciale, sia nelle imprese che nell’intera società.
Gli imprenditori sanno bene che innovazioni profonde e continue necessitano di cambiamenti altrettanto profondi e continui nelle organizzazioni.
Gestire il cambiamento è tutt’altro che un processo puramente razionale: significa parlare sia alla testa che al cuore che alla pancia delle persone. Serve, innanzitutto, disegnare e indicare un futuro per il quale valga la pena di “spaccarsi la schiena” ma serve anche comprendere le ansie che il cambiamento comporta nelle persone che sono investiti dal cambiamento e gestire con cura tali ansietà.
Gestire il cambiamento è prima di tutto questione di leadership e di senso condiviso. Non mi riferisco soltanto alla leadership individuale, anzi. Sempre più spesso, nelle migliori imprese, la leadership è impersonata da squadre coese di persone capaci di guidare insieme e di mobilitare l’impegno di tutti. Perché solo se tutti i “pezzi” dell’organizzazione si muovono insieme, con una visione sistemica, è possibile raggiungere obiettivi ambiziosi. È per questo motivo che le imprese che trasmettono ai loro collaboratori un purpose non legato solamente al profitto, spesso hanno performance molto migliori.
Gestire il cambiamento comporta coraggio perché i nemici del cambiamento sono forti e violenti. È vero nelle organizzazioni, è ancora più vero nella società.
[Leggi anche Il coraggio di essere un leader utile]
La gestione del cambiamento sarà sempre più cruciale in un mondo come quello che ci aspetta e, in molti casi, coinciderà con il passaggio generazionale, che già di per sé è un cambiamento molto impegnativo.
Non siamo però solo uomini e donne d’azienda che devono gestire continui cambiamenti nelle loro organizzazioni. Siamo anche esponenti di una classe dirigente che deve gestire il cambiamento, in gran parte ancora da disegnare, per il nostro intero Paese.
La capacità di successo dei vari Paesi la farà la qualità della loro classe dirigente: politica, imprenditoriale, sindacale, intellettuale.
Che tipo di classe dirigente serve ad un Paese come il nostro in un momento come questo di grande incertezza, di grande innovazione necessaria, di inevitabili profondi cambiamenti?
- Dinamica, aperta al nuovo e amante delle diversità: capace di attirare talenti anche da mondi lontani, senza paura, grazie alla propria forte identità.
- Unita: capace di lavorare insieme, di fare squadra nell’interesse generale.
- Meritocratica e, allo stesso tempo, capace di portarsi dietro tutti perché merito e solidarietà non si escludono.
- Generosa: disponibile a occuparsi anche del bene comune oltre al giusto interesse per la propria famiglia e la propria impresa.
- Ambiziosa: troppe volte il nostro Paese si auto limita a causa di un atavico complesso di Calimero, mentre la storia, anche recente, ci ha mostrato che possiamo puntare in alto.
L’Italia potrebbe essere tra i beneficiari maggiori dei cambiamenti globali che abbiamo davanti a noi, se saprà attrezzarsi e innovarsi profondamente.
Dobbiamo sentirci tutti molto responsabili sia di ciò che facciamo sia di ciò che non facciamo per riportare fiducia nella nostra comunità e per dare senso più compiuto alla parola “progresso”.